ONCOLOGIA MEDICA

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Terapia di mantenimento del NSCLC

Durante l’ultimo ASCO 2009 sono stati presentati i dati relativi a tre studi sulla terapia di “mantenimento” del NSCLC:

- il JMEN (vedi approfondimento): studio multicentrico randomizzato di fase III su 663 pazienti che ha confrontato pemetrexed vs. placebo nel NSCLC stadio IIIB-IV dopo trattamento iniziale per 4 cicli con cisplatino o carboplatino + gemcitabina, docetaxel o paclitaxel

- il SATURN (vedi approfondimento): studio multicentrico randomizzato di fase III su 889 pazienti che ha confrontato erlotinib vs. placebo nel NSCLC stadio IIIB-IV dopo trattamento iniziale per 4 cicli con doppietta platino-basata

- l’ATLAS (vedi approfondimento): studio multicentrico randomizzato di fase III su 768 pazienti che ha confrontato l’aggiunta di erlotinib a bevacizumab vs. placebo e bevacizumab nel NSCLC stadio IIIB-IV dopo trattamento iniziale con bevacizumab e una doppieta platino-basata

Di seguito un riassunto dei punti-chiave conclusivi degli studi:

- JMEN: beneficio significativo in PFS (53%) e OS (30%) nell’istologia non squamosa

- SATURN: beneficio significativo in PFS (29%), risposta tumorale e controllo di malattia; beneficio non dipendente da espressione di EGFR o stato mutazionale di KRAS; maggior beneficio nei tumori con mutazioni di EGFR

- ATLAS: beneficio significativo in PFS

Seguono alcuni commenti da condividere, puoi di seguito “postare” i tuoi o rispondere a questi:

1. Riguardo il “concetto di mantenimento” del JMEN, penso che la strategia studiata sia più propriamente una "strategia sequenziale", nel senso che pemetrexed è stato somministrato dopo una CR/PR/SD ottenuta con 4 cicli di altri farmaci a loro volta possibilmente diversi tra loro (eccetto il "-"platino). Non è, per esempio, improbabile che una SD possa essere diventata una PR dopo pemetrexed, soprattutto nelle istologie non squamose.

2. Riguardo la possibile ricaduta dei dati dello JMEN nella comune pratica clinica, quello che questi dati offrono è l'evidenza di un beneficio di una "strategia sequenziale" nell'istologia non squamosa, rispetto ad una terapia di prima linea con una doppietta platino-basata non contenente pemetrexed per 4 cicli. Tuttavia, questo studio non risponde a tre quesiti particolarmente attuali e di utilità clinica:

a) quale possa essere il beneficio di una terapia sequenziale con pemetrexed vs. l'impiego di pemetrexed come seconda linea (il disegno dello studio avrebbe dovuto essere diverso, più simile a quello di Fidias per il docetaxel...)

b) quale beneficio possano trarre i pazienti con istologia non squamosa trattati in prima linea con cisplatino-pemetrexed (ovvero in questo caso di un vero "mantenimento");

c) quale beneficio possano trarre i pazienti con istologia non squamosa trattati con carboplatino, taxolo e bevacizumab, che proseguono bevacizumab nel mantenimento.

Dunque, a quali dei nostri pazienti possiamo realmente offrire oggi questo trattamento? Ciò anche alla luce del fatto che oggi possiamo trattare in prima linea con cisplatino-pemetrexed i pazienti con istologia non squamosa, o, in casi selezionati, possiamo offrire loro un trattamento con carboplatino, tavolo e bavacizumab.
Inoltre, se vogliamo guardare anche ai costi, diventa facilmente preferibile una prima linea con pemetrexed, piuttosto che una strategia sequenziale con pemetrexed fino a PD. Tale aspetto “economico” non è peraltro irrilevante, in assenza di chiare evidenze dirette di efficacia, e non può essere affidato ad inferenze soggettive.

3. Riguardo gli altri due studi (SATURN e ATLAS), al di là dell’affidabilità della PFS come surrogato della OS in questo particolare settino (per cui ad esempio non utilizziamo il docetaxel come mantenimento sulla base dei dati di Fidias), rimane da chiedersi se un vantaggio “statisticamente” significativo rispettivamente di 1.2 settimane (per il SATURN) e di 1 mese (per l’ATLAS) in PFS corrispondano ad un beneficio clinico per il paziente, a fronte anche delle considerevoli tossicità di erlotinib e di bevacizumab che possono incidere sulla qualità di vita del paziente anche senza raggiungere i gradi 3-4 (riportati). Anche in questo caso occorre tenere a maggior ragione presenti i costi.

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